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venerdì 04 ottobre 2024      
 
Spondilolistesi
 



Spondilolistesi
Biomeccanica e patogenesi ragionata; rapporti con i fattori etiologici; trattamento


Il termine SPONDILOLISTESI identifica uno stato patologico determinato dallo spostamento di una vertebra rispetto al segmento sottostante. 
Anche se il termine (spondilo = vertebra e olistesi = scivolamento) definisce un fenomeno che si può incontrare a carico di qualsiasi segmento vertebrale, tale patologia è più frequente e, si può dire, quasi esclusivamente osservabile a carico della cerniera lombosacrale, intendendo come tale il complesso L4, L 5, S 1, in rapporto anche alla funzione biomeccanica peculiare che svolge tale struttura vertebrale.
In realtà, l'entità patologica che si identifica nella denominazione "spondilolistesi", riconosce una serie di condizioni anatomopatologiche estremamente variabili fra di loro, sia come espressione clinica, che etiopatogenetica, il cui unico carattere comune è rappresentato dallo "spostamento della vertebra". 
 

 
Un gran numero di classificazioni sono state proposte da vari A.A., basate o sulla espressione radiografica (grado di spostamento), o sulla etiologia della condizione clinica. 
Piuttosto che uno sterile inquadramento nosografico, si rivela assolutamente più utile ai fini della comprensione biomeccanica del fenomeno lo studio del meccanismo anatomo-patogenetico che conduce allo "spostamento della vertebra". L’interpretazione biomeccanica della patologia risulta infatti fondamentale per giungere alla programmazione di un corretto intervento terapeutico.
 

ANATOMIA E FISIOLOGIA DELLA CERNIERA LOMBOSACRALE

É fondamentale richiamare alcune particolarità anatomiche e fisiologiche della cerniera lombosacrale:
I corpi vertebrali delle ultime vertebre lombari, di forma cilindrica, ben piú robusti delle vertebre di altri distretti del rachide, sono collegati all'arco posteriore mediante due strutture "tubolari ", i peduncoli, i quali a loro volta delimitano il canale spinale,  entro cui é contenuto il sacco durale, ed i forami di coniugazione, attraverso i quali fuoriescono dallo speco verbale le radici nervose;
 
I corpi vertebrali sono collegati fra loro mediante l'articolazione disco-somatica, rappresentata dal disco intervertebrale, solidale al tessuto osseo dei piatti epifisari dei corpi vertebrali. Tale articolazione, attraverso la struttura elastica del disco, consente  dei movimenti reciproci di flesso- estensione, di inclinazione laterale, e di rotazione alle vertebre contigue, che rappresentano così il "segmento mobile", o "unità elementare di movimento del rachide". 
 
I limiti biomeccanici di tale articolazione sono rappresentati dalle caratteristiche di visco-elasticità del disco, e dalla integrità della sua struttura. Purtroppo, la struttura del disco é destinata ad una degenerazione spesso molto precoce: il nucleo polposo tende a disidratarsi, e quindi a riassorbirsi perdendo quindi la sua capacità di trasferire allo anulus fibrosus le sollecitazioni attribuite al disco dal carico e dagli stress del movimento. L'anulus, a sua volta, é soggetto ad una degenerazione delle sue fibre, che diventano quindi incapaci di resistere alle forze assiali e di taglio che insistono sul disco stesso.
 
La struttura fondamentale dell’arco posteriore, a sua volta, é rappresentata:
da una parte laminare, che delimita la parete posteriore dello speco vertebrale, 
da due formazioni collocate superiormente e lateralmente alle lamine, le apofisi articolari superiori
da altre due analoghe formazioni collocate inferiormente e lateralmente: le apofisi articolari inferiori. 
Le apofisi articolari vanno ad "articolarsi" con le analoghe apofisi articolari delle vertebre sovrastante e sottostante, rappresentando così le articolazioni interapofisarie o articolazioni posteriori. Si tratta di articolazioni vere e proprie (anfiartrosi, per essere precisi), munite di superfici articolari cartilaginee, da capsula articolare e membrana sinoviale.
 
Tali articolazioni, al contrario della articolazione discosomatica, la quale ha anche un ruolo fondamentale nell'assorbimento delle sollecitazioni del carico e del movimento sul rachide lombosacrale, hanno la funzione di "guidare" e "limitare" il movimento reciproco delle vertebre. Tale funzione diviene determinante nel meccanismo articolare della cerniera lombosacrale.
 

Esaminiamo adesso la biomeccanica fisiologica della cerniera lombosacrale: questa é rappresentata dal complesso delle IV° e V° vertebre lombari e I° vertebra sacrale.
 
(Mentre ideologicamente la cerniera lombosacrale dovrebbe essere rappresentata dalla L5 e dalla S1, e quindi escludere la L4, in realtà la L5 presenta una limitata articolarità, rispetto alla L4, in quanto collegata strettamente al sacro dai robusti legamenti traverso iliaci, e va considerata meccanicamente una vertebra intermedia fra la colonna lombare, la cui caratteristica è la mobilità, ed il sacro).
 
Meccanicamente, il carico che grava sulla colonna si concentra sulla L5, ed attraverso il corpo vertebrale ed il disco intervertebrale, si scarica sul sacro.
Questa struttura rappresenta, a sua volta, la chiave di volta dell'anello pelvico, a cui viene trasferito il carico attraverso le articolazioni sacro iliache; carico che finisce per distribuirsi sulle teste femorali e quindi agli arti inferiori.
É evidente la funzione fondamentale della L5 in questo complesso strutturale.

Va tuttavia evidenziata una particolarità anatomica che si rivela fondamentale per la comprensione della biomeccanica lombosacrale: il piatto superiore della I vertebra sacrale, su cui appoggia la V° vertebra lombare, presenta una evidente inclinazione rispetto al piano orizzontale. Mentre la IV° lombare si presenta  orizzontale, nell'assetto fisiologico del rachide, il corpo della V° lombare assume una conformazione trapezoidale per adattarsi alla inclinazione del sacro.
 
É evidente quindi che le forze del carico fisiologico che si concentrano sulla V° vertebra lombare vanno a sommarsi in una componente obliqua, che conduce ad una forza che tende allo scivolamento in avanti della V° lombare rispetto al sacro. 
 
In condizioni fisiologiche normali, ad opporsi a tale forza provvede la particolare anatomia della vertebra, e piú precisamente la struttura dei peduncoli, che trasmettono alle apofisi articolari inferiori della V° lombare tali sollecitazioni, che vengono quindi scaricate sulle analoghe apofisi articolari della I^ vertebra sacrale, stabilizzando in tal modo la V° vertebra lombare.
Ai fini della comprensione della patogenesi della SPONDILOLISTESI, va considerata la particolare struttura dell'arco posteriore vertebrale.
Il peduncolo, infatti, si va a collegare all'arco posteriore inferiormente alla apofisi articolare superiore della vertebra, e superiormente alla apofisi articolare inferiore. In tale zona si identifica il cosiddetto ISTMO vertebrale, che é parte della lamina, conosciuto anche come PARS INTERARTICULARIS. 



Una interruzione di tale struttura (2), che si produca per effetto di una qualsiasi condizione patologica, ha per conseguenza di impedire la trasmissione delle sollecitazioni che si concentrano sul corpo vertebrale (1) alle articolazioni interapofisarie L5-S1, consentendo così lo spostamento in avanti del corpo vertebrale, mentre il complesso dell'arco posteriore rimane collegato al sacro, ma in pratica completamente libero rispetto al corpo vertebrale di L5.
Va a questo punto sottolineato che il corpo vertebrale non é completamente libero di spostarsi rispetto al sacro, in quanto rimane a questo collegato mediante l'articolazione disco-somatica (3). 
Lo scivolamento si puó verificare solo allorché le sollecitazioni del carico che tendono alla migrazione anteriore del corpo vertebrale si rendono superiori alle capacitá delle strutture del disco di conservare i rapporti fra il corpo della V° lombare ed il sacro (4). 

L’integrità dell’ istmo, che, come abbiamo visto, è essenziale ai fini della stabilità della L5, può riconoscere due possibilità di interruzione:
1. per condizioni displasiche
2. per agenti traumatici

1) CONDIZIONI DISPLASICHE CHE CONDUCONO ALLA LISI DELL’ISTMO
Il tratto di passaggio lombosacrale è una delle sedi più frequentemente interessate da fatti displasici. Le manifestazioni displasiche sono rappresentate schematicamente da:
vizi di differenziazione - segmentazione
(sacralizzazione-emisacralizzazione della L5, lombarizzazione di S1)  :
 
(fusione somatica, barra interpeduncolare etc.) :

 
vizi di formazione (agenesia somatica, emispondilia, etc.),  
 

vizi di fusione (rachischisi), i quali peraltro risultano fra i più frequenti.
I vizi di fusione si giustificano embriologicamente con la difficoltà che incontrano i somiti ad unirsi fra di loro sul piano mediano, per realizzare l’integrità del segmento scheletrico:
 
Tali vizi di fusione possono interessare tutta la vertebra, realizzando una completa separazione delle due metà (spondiloschisi) :
 
o localizzarsi nella incompleta chiusura dell’arco posteriore, con diversi gradi di gravità, che vanno dalla presenza di una sottile schisi (spina bifida occulta) :
 
 alla forma estrema, rappresentata dal quadro del mielomeningocele :
 

Una particolare forma di vizio di fusione interessa la zona che collega i nuclei somatici con i nuclei dell’arco posteriore, e si localizza più precisamente nella pars interarticolaris, dando luogo alla lisi dell’istmo :
 
Anche tale forma di displasia assume vari caratteri di gravità, che vanno dalla presenza di una sottile soluzione di continuità (lisi), 
fino alla situazione più grave che si riassume nel quadro della spondiloptosi.
Tale forma di displasia è caratterizzata da tre elementi fondamentali : 
1. La verticalizzazione del sacro (1)
2. La migrazione del corpo di L5, che va a posizionarsi anteriormente al sacro (2)
3. L’agenesia dell’istmo (3)


 
 
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